Putin contro la linea bellicista europea: “Le truppe NATO in Ucraina saranno obiettivi legittimi”

L’Europa gioca con il fuoco. E il Cremlino, ancora una volta, non ha perso occasione per dirlo chiaramente. Nel cuore di un continente che sembra aver smarrito ogni bussola, i leader europei continuano a parlare di pace invocando la guerra. Parlano di sicurezza mentre preparano nuovi arsenali. Parlano di difesa dell’Ucraina, ma in realtà gettano le basi per l’ennesima escalation, una spirale che sembra non avere fine.

Nei giorni scorsi, Emmanuel Macron e Ursula von der Leyen hanno alzato il livello dello scontro, rilanciando la proposta di una presenza di truppe NATO sul territorio ucraino e di un ulteriore aumento delle spese militari. “Per la sicurezza di Kiev” – dicono. Ma la risposta di Vladimir Putin è arrivata come un macigno: “Qualsiasi forza occidentale in Ucraina sarà considerata un obiettivo legittimo per l’esercito russo.”

Non è la prima volta che il Cremlino formula un avvertimento simile. Ma questa volta le parole pesano di più. Perché arrivano in un momento in cui la politica europea, spinta dagli Stati Uniti, sembra voler forzare i tempi, accelerando verso una guerra che non può essere vinta.

Macron e i “volenterosi”: il teatro parigino

A Parigi, i cosiddetti “volenterosi” si sono ritrovati per ribadire il loro impegno militare. Macron in prima fila, con il premier britannico Starmer al fianco, hanno parlato di 26 paesi pronti a mandare uomini sul terreno. Ma dietro le foto e i sorrisi di circostanza, le crepe sono emerse subito.

Qualcuno si è defilato, qualcun altro ha preso tempo. La verità è che nessuno vuole davvero rischiare un’escalation diretta con Mosca. Eppure, il messaggio che passa è chiaro: l’Europa continua a inseguire la linea dettata da Washington, senza porsi domande sul prezzo che i cittadini europei stanno già pagando e continueranno a pagare.

L’articolo 5 della NATO viene evocato come un mantra, ma tutti sanno che non è un automatismo. Ogni paese resta libero di decidere se intervenire o meno. Ma se un contingente europeo venisse colpito in Ucraina, davvero gli altri governi potrebbero restare fermi? O più probabilmente scatterebbe un effetto domino che trascinerebbe l’intero continente nella guerra contro la Russia?

La risposta del Cremlino

Putin non ha usato giri di parole: “Se qualsiasi forza dovesse mettere piede lì, soprattutto ora che i combattimenti sono in corso, presumeremo che saranno obiettivi legittimi.”

Dmitry Peskov ha rincarato la dose: “Gli stranieri, in particolare i contingenti militari europei e americani, non possono garantire la sicurezza dell’Ucraina. Non possono. Non è questa la garanzia di sicurezza adatta al nostro paese.”

Per Mosca, la presenza di truppe occidentali non solo non porterebbe stabilità, ma renderebbe inevitabile lo scontro diretto con la NATO. Un punto che Putin ribadisce ogni volta, ma che in Occidente continua a essere ignorato, come se fosse una minaccia di circostanza e non una linea rossa invalicabile.

Europa: tra propaganda e realtà

Quello che emerge con chiarezza è che i governi europei stanno ostacolando la risoluzione del conflitto, non contribuendo alla pace. Ogni volta che si parla di cessate il fuoco, subito rispunta la retorica delle “garanzie di sicurezza” per Kiev. Ma garanzie che, in realtà, non sono altro che ulteriori truppe, nuove armi, più soldi.

L’opinione pubblica resta in gran parte contraria a questa escalation, ma i leader europei continuano a martellare. Creano urgenze artificiali, forzano l’agenda politica, e quando serve si appellano a emergenze inventate per giustificare decisioni impopolari. Il consenso popolare viene aggirato, piegato, calpestato.

Alla fine, la vera garanzia per chi siede al potere non è la sicurezza dell’Ucraina, ma quella della propria carriera politica. Fedeltà agli Stati Uniti oggi, in cambio di un bel posto dirigenziale domani.

Putin e i negoziati: un’occasione sprecata

Il Cremlino ha rilanciato l’idea di un incontro diretto tra Putin e Zelensky a Mosca. “Sono pronto, vi garantiremo condizioni di sicurezza al 100%.” ha detto il presidente russo. Una mossa che, almeno a parole, rispondeva alle richieste di Kiev di un faccia a faccia.

Eppure, Zelensky ha rifiutato l’invito, definendolo un modo per sabotare i negoziati. Contraddizione pura: prima invoca l’incontro, poi quando arriva la proposta lo respinge. Per Mosca è l’ennesima prova che Kiev non ha autonomia politica, che ogni decisione passa per Washington e Bruxelles.

Intanto, il conflitto si allunga. Gli attacchi con droni si moltiplicano, le città bruciano, le raffinerie vengono colpite. La guerra continua a consumare vite e risorse, mentre la diplomazia resta un’arma spuntata.

Europa: un gigante svuotato

L’Europa oggi è più debole di sei anni fa. Politicamente irrilevante, economicamente in ginocchio, socialmente divisa. La reputazione internazionale è ai minimi storici. Non è stata Mosca a causare questo declino, ma la scelta suicida di inseguire interessi che non sono i nostri.

Abbiamo finanziato l’Ucraina non solo con armi, ma con i soldi per pagare stipendi e mandare avanti un’economia che, senza l’ossigeno europeo, sarebbe già collassata. Abbiamo sostenuto un’industria bellica che arricchisce pochi, mentre le famiglie europee faticano a pagare le bollette. Abbiamo detto addio al gas russo per comprare GNL americano a prezzi esorbitanti.

E ora, come se non bastasse, ci parlano di mandare i nostri figli a combattere in una guerra che non è la nostra.

Conclusione: il bivio europeo

Putin ha detto: “Se si prenderanno decisioni che porteranno alla pace, a una pace duratura, non vedo alcun motivo per la presenza di eserciti stranieri in Ucraina.” Una frase che, nel suo cinismo, resta una delle poche verità pronunciate in questo caos.

Perché è chiaro a tutti: se davvero si vuole la pace, gli eserciti stranieri non servono. Servono invece se si vuole la guerra, se si vuole l’escalation, se si vuole trasformare l’Ucraina in un campo di battaglia permanente.

Oggi l’Europa si trova davanti a un bivio. Continuare a essere pedina docile nelle mani degli Stati Uniti, sacrificando i propri interessi e quelli dei propri cittadini, oppure alzare la testa e cercare una via autonoma, per una volta davvero europea.

Il problema è che i nostri leader hanno già scelto. E la scelta è guerra.