Credo che in questi tempi ci sia bisogno di un lunghissimo sfogo in cui mettere insieme tutti i frammenti di realtà che ci bombardano ogni giorno. Siamo circondati da guerre (reali e finanziarie), da retoriche che mascherano la distruzione chiamandola “efficienza”, da illusioni presentate come certezze. Se osiamo parlare di ingiustizia, c’è chi dice “sei solo un pessimista”. Se osserviamo che i governanti non fanno i nostri interessi, ci chiamano criticoni. Se notiamo che i giganti dell’economia e della politica si arricchiscono sempre di più, spostando soldi, armi e risorse, e lasciando noi “gente comune” con i nostri problemi mensili (affitti, bollette, stipendi inesistenti), ci rispondono con parole vuote o con la propaganda.
Ecco, in tutto questo tumulto, pare che la Terra non sia per tutti, ma solo per pochi “eletti” che si arricchiscono sulle nostre spalle. Tutto quello che segue è una sorta di urlo personale, scritto in italiano, ma prendendo spunti da riflessioni che ho avuto leggendo anche articoli in altre lingue e ascoltando notizie provenienti da ogni dove. Cercherò di mettere tutto insieme, come se fosse un grande mosaico di assurdità e di contraddizioni del nostro mondo attuale, e userò il BBcode per dare un po’ di evidenza ai passaggi più importanti, sperando che la lunghezza e la profondità dei temi non scoraggino chi avrà voglia di leggere.




1) L’illusione che i problemi complessi abbiano soluzioni semplici Spesso ci confrontiamo con discorsi tipo: “Basterebbe fare così e si risolve tutto.” Ma non esistono risposte nette, immediate, definitive ai problemi del mondo. Semmai un desiderio di risolvere tutto con un taglio netto, come Alessandro Magno con il nodo di Gordio. Alcuni leader (anche molto noti) predicano la “linea dura”, la “risoluzione lampo”, la “pace immediata a qualsiasi costo”.
Basta guardare la questione Trump-Putin su Russia e Ucraina: c’è chi dice “firmiamo subito la pace, in qualunque condizione, così tutti sono contenti.” Ma è davvero così facile? No, lo vediamo dalle analisi geopolitiche: la Russia ha già preso un vantaggio sul campo, l’Europa è stata “messa da parte”, l’Ucraina (nonostante tutto l’aiuto esterno) subisce i bombardamenti ed è spinta ad accordi capestro. Sembra tutto, tranne che facile.
Il mondo si sta trasformando e non solo in termini di alleanze militari o di rapporti di forza, ma anche a livello di significati e parole: “democrazia” ora viene usata in contesti autoritari, “operazione speciale” significa guerra aperta, la “demolizione delle istituzioni democratiche” viene definita “efficientamento delle strutture”. Insomma, c’è una confusione semantica generale, potenziata dall’immensa propaganda che gira sui social e sui media convenzionali.
Chiunque pensi di cavarsela con due slogan (“Basta armi!”, “Solo la pace!”) e con soluzioni da bar sport non si rende conto della vastità del problema. Siamo in un punto di svolta globale, dove un singolo errore può determinare svolte di cui potremmo pentirci per decenni, se non secoli.




2) L'America che cambia volto: l’impero che si auto-demolisce? Forse non è mai esistito un impero (da Alessandro Magno fino alla Gran Bretagna, passando per Roma, Napoleone, l’URSS) che sia imploso solo per pura stupidità. Di solito, un impero cade sconfitto in guerra, o crolla per rivolte interne, o si indebolisce a tal punto da diventare facile preda di poteri esterni.
Gli Stati Uniti, almeno fino a qualche anno fa, non rispondevano a nessuna di queste condizioni:

  • Non hanno perso una grande guerra militare (o almeno non recentemente).
  • Non sembravano esserci rivolte interne tali da rovesciarne completamente la struttura (nonostante tensioni, disuguaglianze e proteste).
  • Non ci sono stati crolli economici irreparabili, anzi, reggevano bene dopo la crisi del 2008 e pure post-pandemia.
  • Le principali minacce, come la Russia o la Cina, appaiono a loro volta con problemi interni ed economici, non così solide come propaganda vuole.

Dunque, sulla carta, gli USA erano ancora il super-colosso mondiale. Tuttavia, con l’arrivo dell’attuale presidenza Trump (47° presidente), vediamo delle azioni che paiono scelte contro l’interesse strategico americano. Ad esempio:
Attacchi continui a NATO, minacce di uscirne o di ridurla, parole pronunciate di continuo. Questo colpisce direttamente la fiducia degli alleati. Se crolla la fiducia, crolla l’alleanza, e un impero basato su alleanze forti si sgretola.
Minacce assurde come l’annessione del Canada: retorica inaccettabile, perché il Canada, fedele partner, ora si ritrova dipinto come un “bersaglio” di chi “vuole ingrandire la mappa”. Se suona come un delirio, allora è un delirio! Oppure è una provocazione enorme. In entrambi i casi, non fa che distruggere la reputazione americana.
Policy commerciali spiazzanti, come dazi su alluminio, acciaio, petrolio, facendo crollare la fiducia nel rispetto degli accordi commerciali precedenti.
Tutto ciò sta frammentando l’assetto su cui si basava la potenza americana: la fiducia degli alleati. E se cala la fiducia, gli alleati cercano piani B, si armano, studiano alternative al dollaro come moneta di riserva, e si allontanano.
In più, Elon Musk, definito “tecnico di efficienza del governo”, licenzia decine di migliaia di dipendenti pubblici a casaccio, poi capisce che alcuni erano fondamentali e prova a riprenderli. Il caos regna. L’impero “che funzionava” pare auto-distruggersi per scelte folli e dilettantistiche.
Forse, come dicono alcuni, Trump è “geniale” e tutto è parte di un piano. Ma, a giudicare dai risultati, appare più una strategia suicida, ispirata a una mentalità in cui l’avidità e la retorica populista prevalgono sul buonsenso.





3) Ritorno della Guerra: i nuovi imperi in conflitto e la resa dei conti in Ucraina La Russia di Putin era data per sconfitta sul piano economico e militare? Forse, ma ha mostrato di poter reggere, pur pagando un prezzo alto. L’Ucraina, dal canto suo, è nel mezzo di una catastrofe: migliaia di vittime, città in macerie, costretta ad accettare un “accordo” con gli Stati Uniti che suona come un ricatto coloniale.
Centinaia di articoli ci dicono che in quell’accordo erano incluse condizioni di cessione del 50% delle risorse naturali, senza garanzie di sicurezza reali. Significa spingere Zelenski a firmare la svendita del suo paese, con la minaccia “altrimenti vi lasciamo soli e la Russia vi annienta”. Non è esattamente un grande slancio altruistico.
Ma la Russia non sta ferma. Sembra stia negoziando con gli Stati Uniti dietro le quinte, per uno scambio: “Io ottengo i territori già occupati più l’accesso a risorse in zone contese, e tu, America, ottieni i contratti e il 50% dell’estrazione mineraria su altre zone. Dividiamoci la torta, e arrivederci all’Europa e a chiunque altro.”
Se tutto questo è vero, si comprendono i titoli: “Gli alleati storici dell’America tremano, l’Europa è esclusa.” Nei fatti, l’Europa rimane con un pugno di mosche, dopo aver sostenuto (finanziariamente e politicamente) l’Ucraina, e subendo contraccolpi economici devastanti (costo dell’energia, inflazione, aziende in crisi).
In sostanza, l’Ucraina si ritrova smembrata e le risorse naturali distribuite tra potenze globali, la Russia ottiene vantaggi territoriali, gli Stati Uniti ottengono vantaggi finanziari, e l’Europa? Rimane con i conti in rosso, l’inflazione alle stelle, i costi della ricostruzione e milioni di problemi interni. Un capolavoro di autodistruzione europea, potremmo dire.




4) L’altra faccia della medaglia: la Cina e il paradosso dell’“abbandono americano” Se l’America si ritira dalle alleanze, e stringe patti “rapidi” con la Russia, chi gode? Facile: la Cina. Xi Jinping sta cercando da anni di consolidare il potere economico cinese, e se l’America si auto-isola e demolisce la NATO o la fiducia europea, la Cina potrebbe inserirsi con più facilità in Europa e altrove.

  • La Cina aveva già forti legami con la Russia, ma se la Russia trova in Trump un nuovo compagno di danza, la Cina potrebbe speculare su questa rottura interna all’Occidente, offrendosi come “alternativa” a molti paesi scottati da Washington.
  • Molte nazioni che una volta consideravano la partnership con gli USA “sicura” potrebbero aprirsi a nuovi orizzonti. E la Cina si propone come stabilizzatrice, come ha detto il suo ministro degli Esteri in un discorso che pare l’“opposto di Trump”.
  • Al contempo, la Cina non ha bisogno di “dichiarare guerra” per estendere la propria influenza: bastano investimenti mirati, acquisizioni di infrastrutture strategiche, e la contrazione del potere americano apre spazi ancora più ampi.

In tutta questa confusione, i dazi e le minacce commerciali di Trump contro la Cina non sembrano far arretrare Pechino, che, in cambio, applica sanzioni minime agli import statunitensi, quasi una beffa: “Tu mi colpisci con durezza, io rispondo soft, tanto sto conquistando il mondo diversamente.”



5) Europa: confusione, frustrazione e marginalizzazione L’Europa, se c’è un soggetto che rischia di fare la figura del “giocattolo rotto”, è proprio lei. Passata da “alleata storica degli Stati Uniti” (fin dalla Seconda Guerra Mondiale, dalla ricostruzione Marshall, dalla NATO) a “collettività di paesi guardati con sospetto” dalle nuove mire di Washington.
Si parlava di sovranità europea, di “Unione” e via dicendo, ma oggi la diplomazia europea sembra sempre in ritardo, impantanata in burocrazia e contraddizioni. Intanto, la mano tesa di Mosca verso Trump e la pressione di Xi in Asia rischiano di tagliar fuori l’UE da ogni decisione importante.
Ancora più assurdo: l’Unione Europea s’è illusa di potersi imporre come “arbitro morale”, imponendo sanzioni, sequestro di beni russi, e in molti ipotizzano addirittura di sottrarre i beni russi congelati e assegnarli all’Ucraina. Un atto che distruggerebbe la credibilità europea in materia di sicurezza giuridica e spaventerebbe ogni investitore extraeuropeo. Forse non c’è idea più autodistruttiva.
Nel frattempo, si discute di come “non sia giusto” che Trump e Putin trattino sopra la nostra testa, ma non siamo noi ad aver regalato all’Ucraina montagne di armi, pretendendo poi di infliggere una sconfitta militare alla Russia che non è arrivata? Il risultato è un’Europa debole, rincarata dalla nostra dipendenza energetica e la nostra inflazione galoppante. Visti i fatti, troppi proclami e poca lucidità.




6) I piani sociali: stipendi ridicoli, sacrifici, e i “pochi scelti” sempre più ricchi Eccoci a un tasto dolentissimo: i salari. Non tutti guadagnano 1500 euro al mese, anzi molti sono fermi a 1100, 1200, 1000… Mentre i “grandi decisori” – parlamentari, manager pubblici – si auto-votano aumenti di 2000, 3000 euro, portandosi a 8000, 9000 o 10000 euro mensili. Non bisogna essere un genio per vedere la macroscopica ingiustizia. Nel mezzo, la “gente comune” non riesce a pagare un affitto dignitoso e le bollette.
Ti chiedi: “Ma questi signori che promulgano leggi, impongono regole, chiedono sacrifici, hanno mai fatto un giorno di lavoro come i normali cittadini, con la fatica di arrivare a fine mese?” Sembra di no.
È come se fossimo “burattini” nelle loro mani, costretti ad accettare le folli spese militari, le riforme fiscali a scapito della maggioranza, e tutto per favorire 1% della popolazione. In più, quando scoppiano guerre, e le classi dirigenti si spostano a contrattare nelle sale dorate, noi rimaniamo col conto da pagare: disoccupazione, precarietà, tassi alti dei mutui, e la prospettiva di un futuro poco roseo.




7) “Sacrificabili”: l’ingiustizia di chi ci considera numeri intercambiabili Un altro concetto emerge: siamo sacrificabili. Se c’è bisogno di generare profitti, si licenziano migliaia di persone. Se c’è un conflitto che va in una certa direzione, si mandano i giovani a combattere, tanto “chi si ricorda dei caduti?” Poi si firma un “armistizio” e i vincitori (o presunti tali) si dividono i profitti.
Leggi i resoconti: “Molti stati trattano in segreto su risorse, vantaggi doganali, vantaggi di localizzazione.” E mentre le aziende chiudono qui, e la gente resta a casa senza lavoro, scattano i piani di ristrutturazione, i tagli, la de-localizzazione. Un tema già visto da anni, certo, ma che ora s’intensifica.
La politica promette: “Cambieremo, elimineremo gli sprechi.” Invece vediamo un teatrino, con licenziamenti a casaccio, poi riassunzioni, poi leggi contraddittorie. E noi, col cerino in mano, capiamo che la Terra è retta dalle logiche di potere, i cui pivot sono (ancora) paesi come Stati Uniti, Russia, Cina, e i “piccoli” contano zero.




8) Il jolly di Xi Jinping: un domani di influenza incontrastata? Più l’Occidente (in particolare gli USA) collassa nella contraddizione e nella retorica di potenza, più la Cina può presentarsi come forza “stabile” e “costruttiva”. Nei meeting internazionali, la Cina già alza la voce dicendo: “Offriamo un modello alternativo, pacifico, basato sulla cooperazione.”
Qualcuno dirà: “È propaganda.” Vero. Ma se l’America di Trump caccia i propri alleati e minaccia mezza mappa, mentre la Cina sorride e ti offre fondi per costruire ponti, strade e 5G, tu, stato medio-piccolo, magari preferisci un “amico” che ti rispetta formalmente, piuttosto che un ex alleato che dice di volerti annettere o che taglia i rapporti commerciali con dazi infiniti.
Anche qui c’è un rischio enorme di passare dalla padella alla brace, ma è un sintomo dell’assenza di leadership coerente che gli USA sembrano mostrare. E la UE? Resta a guardare, non avendo la forza di proporre un modello autonomo.




9) Trump, Putin e la questione morale: democrazia, retorica, religione e manipolazione C’è chi giustifica la rottura di patti storici con la scusa del “ritorno ai valori cristiani conservatori” o “lotta alla corruzione del liberalismo woke”. Eppure, a ben vedere, questi slanci religiosi si traducono in atti di aggressione e di propaganda. Come se la religione fosse uno strumento di potere e di controllo delle masse.
Dall’altra parte, la Russia, che un tempo si dichiarava “paladina” di un suo modello, si ritrova con un esercito esausto e un grande sogno: ridisegnare l’Europa, far crollare la NATO, riscrivere i confini e invadere certe zone “di interesse”. Un sogno “imperiale” di un presidente (Putin) che lamenta la caduta dell’URSS definendola “la più grande tragedia geopolitica”.
Il paradosso è che, su un piano morale, l’America era considerata la guardiana della democrazia e della libertà, e la Russia un sistema autocratico. Ora, a forza di rovesciare e manipolare le parole, troviamo gruppi di fan in occidente che tifano Putin, e in Russia si rivendica la “vera democrazia sovrana”, e in America si mette in dubbio la democrazia come “falsa”. Uno scenario confuso, ma del tutto coerente con la manipolazione delle terminologie.




10) Perché tutto ciò ci rende (ancora) più pessimisti? Qualcuno dice: “Ma sei pessimista?” e rispondo come fanno in molti: un “pessimista” è in realtà un realista ben informato. In questi tempi, facci caso, preferire la verità a una menzogna rassicurante ti fa apparire “negativo.” Eppure la storia insegna che a forza di giocare col fuoco, il fuoco divampa.
La gente comune soffre: i salari non coprono più le spese, l’inflazione non accenna a fermarsi, la sicurezza sul lavoro cala, i servizi pubblici peggiorano mentre i nostri rappresentanti si aumentano lo stipendio. Perché non dovremmo lamentarci? E soprattutto, perché non dovremmo pretendere soluzioni?
Ma ecco un altro paradosso: se chiediamo soluzioni serie, ci rispondono: “Non esistono soluzioni semplici, stai zitto.” E se ci lamentiamo senza proporne, dicono: “E le soluzioni dove sono?” Diventa un gioco ipocrita, in cui i potenti si defilano da ogni responsabilità. Non è forse un segno di sistema marcio?




11) Il diritto di parlare: la democrazia in pericolo In alcuni commenti, mi è capitato di ricevere la critica: “Tu chi sei per parlare? Che competenze hai?” Ma ecco la bellezza di una democrazia (finché regge): ognuno ha diritto a dire la propria opinione. E la mia opinione si basa su letture, osservazioni, buon senso. Non pretendo di avere la formula magica, ma ho il diritto di esprimermi. E se domani la democrazia crollasse, quel diritto scomparirebbe.
C’è chi storce il naso perché uso parole “troppo complicate”? Chiedo scusa, ma credo che ciascuno debba usare il lessico che ritiene più adatto. E la verità è che se vogliamo approfondire, dobbiamo usare termini specifici. Altrimenti torniamo a un livello infantile “mamma, papa, brutto, bello.”
Insomma, la libertà di parola è sacrosanta, e la difendo. Che poi, lo scenario si fa sempre più cupo: se i nostri sistemi crollano (o vengono manomessi da leader populisti), le voci critiche potrebbero zittirsi. Non è allarmismo, è storia: quando i regimi autoritari emergono, la prima cosa che fanno è tappare la bocca ai dissidenti.




12) Conclusione (o meglio, un altro inizio): la Terra non è di tutti, lo si vede da come siamo trattati Eccoci al punto cruciale, la riflessione su come i “pochi” si arricchiscono e ci manovrano, mentre i più sono sacrificabili. Volevamo solo vivere in pace, con stipendi decenti, senza dover elemosinare a fine mese e senza che i nostri governi ci usassero come pedine in un risiko mondiale. E invece…
Invece ci troviamo a vedere “grandi potenze” che fanno accordi di cui non beneficeremo mai, anzi ci fanno solo ricadere costi e inflazione. Parlamenti dove si auto-aumentano gli stipendi, mentre ci chiedono di accontentarci di 1200 euro. Guerre in cui la pace è decisa a tavolino dai soliti noti (Trump, Putin, Xi, chi volete voi) e l’Europa, che si credeva “importante”, si trova scartata come un vecchio straccio.
Non mi sorprende che alcuni di noi dicano: “Ma allora che ci stiamo a fare su questa Terra se è così ingiusta?” Ebbene, la Terra potrebbe essere per tutti, ma al momento non lo è. E non lo sarà finché i popoli non prenderanno coscienza e non creeranno un vero contrappeso al potere oligarchico. Purtroppo, la nostra storia è fatta di spinte contraddittorie e la gente comune sembra rimanere ingabbiata dalla propaganda e dalla paura.
Riusciremo a invertire la rotta? La mia opinione personale: forse, ma dovremmo partire dall’onestà intellettuale. Basta illusioni. Capiamo bene i rapporti di forza, i meccanismi finanziari, e uniamoci con riflessioni e informazione. Il rischio è che, se non reagiamo, i “pochi” continueranno a spadroneggiare in eterno, e noi resteremo pedine sacrificabili.
E, per finire, un’ultima nota: non ci sono “ricette” fatte e finite. Non posso fornirle io, né nessun autore su YouTube potrà sostituire i responsabili politici. Ma almeno possiamo testimoniare e urlare la nostra rabbia e la nostra speranza. È un diritto che ci rimane. Fino a prova contraria.